Ciao a tutti! Anche quest'estate è iniziata e tra Scipione, Caronte e Minosse, ho avuto l'occasione di leggere un articolo pubblicato qualche tempo fa sulla rivista Mondo Zero3, che vorrei commentare per voi, offrendovi degli spunti di riflessione. Esso non entra nello specifico del gioco simbolico, ma come sappiamo, il gioco in sè costituisce il contesto attraverso cui il bambino può esprimersi. Il
bambino nel gioco soddisfa determinate esigenze, determinati impulsi,
costituendo la prima fonte di sviluppo, perché attraverso il gioco
egli può esprimersi, esplorare e sperimentare, relazionandosi con
l'Altro, cosicché possa interiorizzare esperienze. Purtroppo oggi,
come sottolinea l'articolo, è sempre più relegato ad una fase
ri-creativa, perdendo l'originalità della creatività stessa, perché
porta a ri-produrre immagini, costruzioni, qualcosa che è già stato
fatto. I bambini di oggi sono accerchiati dall'abbondanza, dove un
generale benessere li ha colmati di cose, spesso inutili,
preferendo giocattoli, che Caggio ha definito di materia
ingrata, perché
frutto di un consumismo che attira l'uomo, che ha sempre meno tempo
da dedicare alla fantasia, elemento che connota il gioco. Non
da meno è l'aspetto affettivo: nel giocattolo c'è qualcosa che ci
riguarda, per questo è auspicabile che duri nel tempo, affinché
accompagni il bambino nel suo percorso di crescita. Tutto ciò deve
avvenire in un ambiente che possa offrire piste molteplici, che
rispetti la personalità dell'individuo, proponente e dinamico, al
fine di promuovere la scoperta e la creatività. Concludo con una
frase, che a mio avviso è significativa rispetto alla dimensione
ludica e che si collega con quanto emerso dall'articolo: “Imparare
a giocare significa apprendere che del mondo possono darsi diverse
versioni, che l'esperienza può essere diversamente interpretata, che
esiste la possibilità di pensare mondi possibili” (Bondioli).


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